Mi prendo una pausa da “travel blogger” per fare un rapido aggiornamento sul mio stato attuale. Sì, lo so che questi post sul tour delle Repubbliche Baltiche arrivano a distanza di mesi e quindi fa abbastanza ridere parlare di “pausa”, ma volevo far presente che…in realtà non so nemmeno io il perché di questa premessa. È un blog che si chiama Elucubrazioni, non un reportage turistico, quindi le pippe mentali dovrebbero essere il contenuto principale. Il fatto è che stando con Tatolo sono piuttosto più stabile dal punto di vista emotivo, peccato che nel corso dell’ultimo anno e mezzo l'”adultezza” ha bussato prepotentemente alle mie porte e io nel profondo sono ancora la stessa ragazzina mentalmente traballante che ha dato vita a questo blog in un periodo estremamente complesso della sua esistenza.
Vero, quando queste pagine erano un Windows Live Space, il momento era doloroso e contorto per motivi completamente differenti rispetto a ciò che mi sta attanagliando le viscere in questo ultimo periodo. Tuttavia, mi è capitato recentemente di rileggere Quaderno Nero, il diario che copre da primavera a fine anno 2006 e, a prescindere dal soggetto delle paranoie esistenziali dell’epoca, il senso di spaesamento, di identità barcollante, di necessità di un senso di appartenenza e tutto il substrato di malessere che emerge sporadicamente su queste pagine, l’ho ritrovato in quei fogli.
Il mio immobilismo non è una novità. Il problema è che negli ultimi 40 giorni circa mi è esploso in mano. Ho raccontato del mio lavoro da scimmia ammaestrata, ho accennato anche ai miei guai gastrici, decisamente aggravati (se non causati) da un contesto “professionale” umanamente debilitante. L’apice di tutto questo “disagio” è arrivato a ridosso del ponte dell’Immacolata, quando i tre giorni di supplenza (tra l’altro nella scuola che era stata la mia prima esperienza nel “backstage” dell’istruzione) che avevo accettato, pensando tutt’al più a una proroga fino a Natale, sono magicamente diventati un contratto fino al 31/8/18, a seguito delle dimissioni della titolare. Ho lavorato martedì, mercoledì e giovedì, facendo pomeriggio sia il primo, sia l’ultimo giorno di servizio effettivo. Beh, io suppongono siano state le 3 ore del dopo pranzo di giovedì, dopo aver accettato 8 lunghi mesi in quella situazione, a sconvolgermi. Sapevo bene o male a cosa andavo incontro, ma sperimentarlo in quei 180 minuti, con quella particolare collega, con quei particolari discorsi, beh…non ho retto. Non credo sia stato il pensiero del lavoro in sé a mandarmi al tappeto, sono convinta sia stato proprio quel relativamente piccolo lasso di tempo nell’arco di una settimana. Il “cosa” di questa professione è una parte sgradevole, ma è soprattutto il “con chi” a portare il tutto ad un livello gastritico. E a quel punto, è crollata una diga di cui avevo tenuto insieme i pezzi per quelli che mi sono sembrati eoni.
Dal venerdì alla domenica ho iniziato ad aver attacchi di tachicardia e iperventilazione a intervalli estremamente ravvicinati. Ho sperimentato la fame d’aria, la mancanza di controllo, il senso di straniamento, la paura di uscire completamente di senno, la totale carenza di sonno. Sabato pomeriggio sono stata dalla guardia medica che mi ha prescritto il Valium, il quale non ha fatto altro che peggiorare la situazione. Al battito accelerato e al respiro spezzato si sono aggiunti tremori incontrollati, oserei dire convulsivi, di braccia e/o gambe. È stata un’escalation di angoscia, paura, delirio, impotenza, terrore. L’apice è stato nella notte tra domenica e lunedì, con l’avvicinarsi di quello che avrebbe dovuto essere il primo giorno del nuovo contratto, verso le 4 di mattina ho chiamato il 118, perché non riuscivo più a resistere. Solo che nevicava, l’ambulanza era già occupata in un intervento e se già sembrava ridicolo farla arrivare in una situazione normale, figuriamoci con condizioni meteo avverse. Mia madre poi mi ha fatto presente che al pronto soccorso sarebbero state ore di lunga attesa, da sola, poiché lei non sarebbe salita sul mezzo di soccorso. E mannaggia, pure la guardia medica, causa strade impraticabili, non poteva muoversi per venire a somministrarmi qualcosa che potesse placare i miei nervi.
A quel punto si è deciso che il lunedì, o meglio che poche ore dopo, non avrei preso servizio: in massima parte per il mio stato di salute, ma un po’ anche per le condizioni meteo. Ho chiamato scuola per dire che ero malata e poi ho preso appuntamento col mio medico. Ragionavo di ora in ora, di minuto in minuto, qualsiasi altra forma di pensiero a medio termine mi mozzava il fiato. Eh niente, il dottore mi ha prescritto il Lexotan e mi ha dato una settimana di malattia. Certificato che poi si è rivelato provvidenziale, poiché non avendo io fisicamente preso servizio il lunedì, primo giorno effettivo della proroga, sarei stata cancellata da tutte le graduatorie di istituto, perdendo di fatto la possibilità di ottenere supplenze per tutto l’anno scolastico. Questo l’ho scoperto perché quella del personale mi ha chiamato nel corso della mattinata per comunicarmi che il nuovo contratto non aveva mai assunto valore, ma dato il giustificato motivo (il certificato medico), potevo venir chiamata altrove.
Il sollievo di non aver davanti quei mesi e il Lexotan hanno poi fatto il loro lavoro, mi sono finalmente data una calmata e ho dormito. Ho poi preso appuntamento con una psicologa, dalla quale sto andando da un mese e mezzo. Dopo quei tre giorni, veri e propri attacchi di panico non ce ne sono più stati. È stato particolarmente difficile tornare a casa dopo aver passato Capodanno da Tatolo: pianti a singhiozzo, vomito, isteria generale. Tachicardia e respiro affannoso di sono presentati anche quando ha chiamato un’altra scuola e ho rifiutato una supplenza su una maternità. Tutto sommato eventi circoscritti che in qualche modo ho gestito senza farmaci.
Ora, nuovamente (come se avessi mai smesso), non so che farne di me stessa. Mi sembra di sprofondare nelle sabbie mobili e non so come uscirne. Mi sento incapace, perché razionalmente so quanto sia stupido ciò che mi è successo, dare di matto per una cosa del genere è una roba che fa giustamente incazzare l’orda di gente che non arriva a fine mese. Eppure, rispetto a questa situazione, io vivo una forma di invalidità, mi sembra mi manchi un braccio o l’uso della parola. Non è affatto facile da spiegare, ma tutta la mia essenza in blocco si è categoricamente rifiutata di adeguarsi alla prospettiva. Adesso nella mia nullafacenza sto più o meno normale, solo che mi sveglio almeno 3/4 volte a notte, tra le 3 e le 6 di solito, come se riemergessi da sott’acqua e con una spaventosa tachicardia. Al mattino ho la fobia di accendere il telefono, perché ho paura mi chiamino e non mi sento in grado di iniziare in una nuova segreteria. Mi sento una larva di essere umano e ho solo voglia di imbozzolarmi.